I Grandi precursori dell’Agile: Adriano Olivetti e la fabbrica sociale

Il nostro viaggio nel racconto dei Grandi precursori dell’Agile di “casa nostra” non poteva che continuare con colui che probabilmente più di ogni altro ha esplorato la relazione tra le dimensioni lavoro-personaAdriano Olivetti.

Prima di continuare è doveroso definire il perimetro di quanto diremo: non c’è alcuna volontà di tracciare un profilo storico-sociale dell’ing. Adriano, né tantomeno addentrarsi in analisi specializzate o similari. Su questo fronte tanto materiale autorevole è stato scritto e raccolto negli anni, grazie anche alla Fondazione che porta il suo nome, permettendo di approfondire puntualmente ogni aspetto della vita privata ed imprenditoriale di Adriano Olivetti.

Quello che farò, invece, è mettere in relazione alcune delle scelte concrete di Olivetti con elementi che sono inglobati in quello che oggi comunemente identifichiamo come mindset Agile, restando così nel perimetro della serie a cui questo post appartiene.

Ebbene, una citazione di Olivetti mi permette di dare il via alla riflessione: “io penso alla fabbrica per l’uomo, non l’uomo per la fabbrica”.

adriano olivetti penso alla fab

Con questo manifesto ben chiaro, Olivetti sviluppa nel secolo scorso un concetto di impresa che riconosce alle “persone” una centralità forse senza precedenti: non si tratta solo di ottimizzare la produzione, ma di farlo in modo bilanciato in relazione al miglioramento delle condizioni di vita dei sui operai. 

Spesso, sento fare riferimento alle aziende della Silicon Valley e di come la centralità dei propri collaboratori sia fondamentale, tanto da “disegnare” le stesse strutture lavorative in modo tale da favorire un ambiento stimolante.

Ad Ivrea gli stabilimenti Olivetti vennero costruiti principalmente in ferro e vetro, in modo da dare continuità con l’ambiente esterno e realizzare spazi luminosi che rasserenasse le persone, in controtendenza con il design tipico dei capannoni industriali dell’epoca.

E ancora… oggi ci sembra fondamentale poterci ritagliare spazi durante le ore lavorative per migliorarci costantemente (non solo nello specifico dell’attività lavorativa), ma per accrescere la nostra capacità di leggere la realtà che ci circonda nelle sue diverse sfumature, in modo da diventare noi stessi una leva di innovazione per l’organizzazione.

Ebbene, durante le pause, in Olivetti era possibile servirsi di bibliotechediscutere e persino ascoltare concerti, ma la cosa fondamentale era: tutti insieme! Non esisteva una divisione formale tra capi, ingegneri e operai, perché si voleva che conoscenze e competenze fossero alla portata di tutti.

Ed ecco qui un primo gancio per il nostro mindset Agile, e se vogliamo essere più specifici, in particolare rispetto a 2 dei 12 principi del Manifesto:

  • Fondiamo i progetti su individui motivati. Diamo loro l'ambiente e il supporto di cui hanno bisogno e confidiamo nella loro capacità di portare il lavoro a termine.
  • A intervalli regolari il team riflette su comediventare più efficace, dopodiché regola e adatta il proprio comportamento di conseguenza.

Entrambi sono riassumibili in “Make People Awesome”, concetto che caratterizza tutte le accezioni moderne dell’Agile e di Lean.

Si tratta di riconoscere nei fatti, e non solo a parole, la centralità delle Persone, e attivarsi nel concreto per accompagnarle in uno percorso di crescita continuo, dando loro fiducia, rendendole partecipi delle scelte e ascoltandole continuamente.

People and Interaction, ecco la vera essenza. 

Lo ripeterò fino alla noia: l’Agile non è imparare un framework o una metodologia specifica (anche se questo è necessario per svilupparne i processi affini), ma è la capacità di ripensare una organizzazione così come l’aveva immaginata, ma soprattutto costruita, proprio Adriano Olivetti: una parte essenziale della propria vita, in cui il lavoro è l’esaltazione delle capacità del singolo al servizio del gruppo ed in cui il compito dell’azienda è quello di assistere ogni singola Persona nella crescita, non lasciando indietro nessuno.

Questo è il motivo perché negli ultimi anni si parla tanto di Agile People o Agile HR (Human Resource), proprio a rimarcare che il suo compito fondamentale non è quello di “selezionare” persone e concordare il compenso, ma avere la capacità di accompagnare il lavoratore nella sua vita all’interno dell’organizzazione, scommettendo su di lui con un percorso di crescita chiaro e condiviso, che sia di valore per entrambi.

Ecco, se potessimo prendere un pezzettino dell’idea di Adriano per riassumere quanto detto fin qui, potremmo usare la sua affermazione seguente:

«La fabbrica non può guardare solo all'indice dei profitti. Deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia. Io penso la fabbrica per l'uomo, non l'uomo per la fabbrica, giusto? Occorre superare le divisioni fra capitale e lavoro, industria e agricoltura, produzione e cultura. A volte, quando lavoro fino a tardi vedo le luci degli operai che fanno il doppio turno, degli impiegati, degli ingegneri, e mi viene voglia di andare a porgere un saluto pieno di riconoscenza».

Un’utopia oggi? Beh, non proprio (lo stesso Adriano sminuisce il termine “utopia… finché non lo inizi…”), visto che è proprio quello che facciamo quando iniziamo un “vero” percorso Agile e Lean, ed è anche un pensiero condiviso da diversi movimenti globali come “B Corp”, in cui le aziende si distinguono perché vanno oltre l’obiettivo di profitto, massimizzando il loro impatto positivo verso i dipendenti, le comunità in cui operano, l'ambiente e tutti gli stakeholder.

 

Stay tuned 

agileiot logo  ac2 logodac dac dacdac dac psmii psmii safe cal1 less certazure fundamentals
mvp reconnect

Free Joomla templates by Ltheme