Partiamo dal mito: le startup (o start-up) nascono perché un paio di geni lavorano nel loro garage ad una grande idea che cambierà il mondo, sfruttando il contesto particolarmente favorevole. Si tratta dello scenario comune che spesso si associa alle nuove aziende IT che conquistano la ribalta in modo più o meno dirompente, trasformando i propri fondatori in miliardari. Anche grandi colossi come HP ed Apple sono accomunati da questo mito, ma dietro c’è ben altro, tant’è che ben oltre il 90% delle startup fallisce a causa di due fattori fondamentali: nessuno è disposto a pagare per il prodotto/servizio che si è realizzato, non importa quanto esso sia tecnologico o perfetto, e la gestione aziendale è inefficace, perché spesso ritenuta inutile e noiosa.
La questione di fondo è che una startup, per quanto differente dalle aziende già presenti sul mercato, resta comunque un’azienda e necessita di uno specifico approccio di gestione che consenta di farla crescere e stabilizzare. Eric Ries, fautore dell’approccio Lean Startup, definisce in modo estremamente efficace una startup, ovvero:
"Un’istituzione pensata per creare un nuovo prodotto o un nuovo servizio in condizioni di estrema incertezza.”
e propone un approccio scientifico alla sua gestione:
“Ogni prodotto, ogni caratteristica, ogni campagna di marketing - tutto ciò che fa una startup- è inteso per essere un esperimento finalizzato al validate learning.”
Si tratta di affidarsi ad un ciclo operativo che consente di apprendere direttamente sul campo sia le esigenze del cliente (Valore) sia gli sprechi da eliminare (MUDA), migliorando l’efficienza nel creare una soluzione “voluta” dai potenziali clienti e l’efficacia manageriale.
Tale ciclo operativo va sotto il nome di BUILD-MEASURE-LEARN e il compito di ogni startup che voglia avere successo è quello di accelerane l’esecuzione: si comincia con l’identificare il problema che si vuole risolvere, si realizza il set minimale di funzionalità in grado di svolgere tale compito (Minimum Viable Product, MVP), lo si rende disponibile ai potenziali utilizzatori, se ne studia la reazione e si corregge la propria strategia in funzione di essa.
Il ciclo build-measure-learn sottende due aspetti fondamentali dell’approccio sintetizzato da Ries: Validated Learning ed Innovation Accounting.
Il Validated Learning caratterizza il compito primario di una startup: non si tratta solo di creare un prodotto ma piuttosto di capire quale prodotto, in linea con la propria Vision, può interessare i potenziali clienti. L’ “apprendimento convalidato” si basa su esperimenti frequenti che consentono agli imprenditori di verificare ogni elemento della loro Vision e rispondere a quelle domande che li tengono svegli la notte: Stiamo risolvendo un problema reale? E’ chiaro il nostro target di riferimento? Il target di riferimento è disposto a pagare la nostra soluzione?
E proprio per rispondere in maniera scientifica a tali domande ci si serve dell’Innovation Accounting, ovvero della misura rigorosa del progresso ottenuto, cosa, in verità, estremamente difficile in un contesto di innovazione che si basa di per sé su un processo «semplicemente» troppo imprevedibile. In tale ambito, il progresso non può essere banalmente misurato come un aumento delle entrate o dell’attenzione da parte dei clienti: come si fa a sapere se esso è dovuto ai cambiamenti che sono stati fatti nelle nuove release del prodotto?
E’ necessario, piuttosto, basare le proprie decisioni su metriche che fotografino lo stato reale della startup (Actionable Metrics vs Vanity Metrics) e che risultino:
- Impugnabili: chiara causa ed effetto;
- Accessibili: facile da capire e maneggiare;
- Controllabili: i dati devono essere attendibili.
In tal modo sarà possibile analizzare lo scostamento dalla baseline (situazione voluta) e decidere se continuare sulla strada intrapresa (Perseverate) o se è ora di cambiare strategia (Pivot).