Riprendiamo la riflessione dedicata al tema dei Prodotti, focalizzandoci su quello che è il modello organizzativo ed operativo tipico che accompagna l’archetipo Continuum del ramo evolutivo, come discusso nel post precedente: il Value Stream.
Di Value Stream se ne parla, e ne abbiamo parlato, già molto, per cui mi limiterò a riportare una definizione sintetica che spesso utilizzo nel quotidiano:
“Il Value Stream è l’insieme delle attività necessarie a creare valore per uno specifico segmento di clienti”
Non è quindi una Customer Journey, come troppo spesso si sente dire, visto che si occupa di come l’organizzazione abilita la creazione di Valore, e non si limita di sicuro all’azione di Value Stream Mapping, che è, primariamente, un modo per visualizzare i primari touch point, i prodotti annessi e item impattati.
Si tratta, invece, di un modello che permette all’organizzazione di focalizzarsi esplicitamente sul cliente (o utente che sia), puntando ad avere il giusto equilibrio tra efficienza ed efficacia, il tutto al fine di produrre costantemente nuovo valore per esso. E qui proviamo a ribadire nuovamente un concetto essenziale: non per forza “nuovo valore” significa intervenire sul prodotto, ma ci sono decine di modo per raggiungere tale scopo. Un esempio, già citato in precedenza, è quello di migliorare il Customer Care.
Come esplicitato, quindi, il Value Stream non è legato al Prodotto, ma ai clienti (utenti), per cui il caso di 1 Value Stream = 1 Prodotto è quello più semplice in assoluto. Molto spesso uno stesso prodotto accompagna più Value Stream, il che crea una matrice evolutiva difficile da governare e importanti pressioni, da diversi fronti, sui team annessi.
Inoltre, in una grande organizzazione (le cosiddette “entreprise”) esisteranno sicuramente molteplici value stream, il che ci pone davanti un’ulteriore sfida:
come possiamo evitare che ci sia una divergenza nell’approccio di riferimento, puntando a creare una base solida da adottare e adattare, utile, inoltre, per riflettere sull’efficienza organizzativa e la capacità di ingaggiarsi in nuovi obiettivi?
Ebbene, proprio qui incontriamo il Value Management Officer (VMO) e, di conseguenza, il Value Management Office (anche qui VMO), che rappresenta un po' l’evoluzione in relazione al Continuum del PMO (Project Management Officer / Office).
Si tratta di un concetto discusso per la prima volta intorno al 2015 da Robert Kaplan (esponente dell’economia moderna, professore della Harvard Business School ed ex amministratore delegato della Federal Reserve di Dallas), che, sulla base delle ricerche e riflessioni di Porter, ha analizzato gli esperimenti relativi all’interno del settore sanitario. Esperimenti avviati allo scopo di offrire vantaggi a un costo inferiore, cercando di misurare esplicitamente i reali benefici raggiunti.
Ma cosa fa nello specifico un VMO?
In sintesi, si comporta come un
catalizzatore che aiuta a mettere in pratica le conoscenze apprese, di gestione e di sviluppo, misurando al tempo stesso i benefici tangibili, motivo ultimo dell’investimento realizzato.
Visto che il ruolo è ancora in “gestazione”, è possibile elencare per ora solo alcune delle attività tipiche svolte, senza pretendere di dare un perimetro completo e definitivo:
-
- Sottendere alle attività di supporto e coordinamento tipicamente richieste da un Value Stream
- Aiutare a sviluppare consapevolezza
- Stimolare la collaborazione continua con gli utenti (clienti)
- Canalizzare il flusso di informazioni
- Collabora attivamente con diversi interlocutori per eleminare le attività ridondanti
- Mitigare, e se possibile rimuovere, le impedenze
- Monitoraggio dei benefici ottenuti, tipicamente in un quarter (trimestre)
- Supportare l’allineamento tra strategia e operatività
- Raccogliere le best practice e definire degli standard di riferimento
- Definire metriche di valutazione dei risultati
Emerge chiaramente che il VMO ha solo alcuni punti in comune con il più tradizione PMO (tipicamente esperto di processi), ma che, a differenza di quest’ultimo, si concentra su ciò che conta davvero: realizzare dei benefici e non la consegna dell’output dell’iniziativa, orientando la crescita organizzativa in ottica castomer-centric.
Come affermato in “The Information Paradox” da John Thorp
“[il VMO] agisce da sostenitore del cambiamento del mindset culturale, nel modo in cui le persone pensano sia ai benefici che al valore”.
In pratica si riconosce la centralità di creare valore e la capacità di mettersi al servizio di un obiettivo comune, valorizzando le competenze reciproche per ottimizzare il ritorno sull’investimento.
Stay tuned J